I Dieci Comandamenti (Segnaletica per un’esistenza riuscita) 

L'incontro di domenica 11/11/2007

Ascolta la relazione di Fausto Negri. Scarica il PDF

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Premessa: La società del divertimento, del "di tutto di più" porta a perdere le radici e il senso della misura, produce confusione e relativismo: se tutto è verità, niente è più verità.

Non abbiamo bisogno di più informazioni, ma di una quantità maggiore di narrazioni che ci forniscano un contesto di chiarimento e di comprensione: altrimenti non abbiamo più una concezione di noi stessi, del nostro universo e della relazione tra di noi che ci aiutino a distinguere il bene dal male.

Gli studiosi di tendenze concordano che è in atto un "ritorno ai valori": l’etica e la morale saranno i temi centrali del XXI secolo. A noi è chiesto di aiutare a far rinascere le questioni esistenziali di valori e di senso. Senza valori, diventiamo noi stessi privi di valore.

Da qui prendono l’avvio gli incontri di quest’anno, centrati sui DIECI COMANDAMENTI.

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La trama della narrazione biblica

Il racconto biblico dell’Esodo è il "cuore" della Bibbia. Esso si articola attorno a quattro luoghi, che sono quattro simboli:

 

1- L’EGITTO: è il luogo della potenza economica, militare e tecnica; è il luogo della schiavitù. Il racconto biblico narra di due potenze "asimmetriche" che si scontrano: la potenza del Faraone e la potenza del Dio di Israele: la potenza della forza e l’impotenza – più potente della forza – della misericordia.

Domandiamoci: chi è il Faraone che ci rende schiavi, oggi?

Bauman afferma che l’anima dei nostri bambini è sotto assedio. Il vuoto provoca profonda solitudine.

 

2- IL DESERTO: è il luogo dove Israele prende coscienza di ciò che ha vissuto: Dio non è indifferente a questo mondo, sente il grido muto di chi è schiavo, interviene, libera… "Ti porterò nel deserto e là parlerò al tuo cuore". All’inizio della vicenda biblica non c’è una morale, ma un incontro. Il deserto è il luogo-simbolo del fidarsi di Dio e dell’affidarsi alla sua premura. Il luogo in cui "strada facendo" si diventa popolo di Dio.

Domandiamoci: "deserto", oggi, cosa significa per noi? Siamo convinti che camminare "insieme", guidati da qualcuno esperto della strada, può essere la soluzione di tanti problemi?

 

3- IL MONTE: in questo luogo viene esplicitato il fine della liberazione: il patto/alleanza (in latino "testamentum") che porta a "servire" Dio e ad essere a servizio del prossimo. "Decalogo": non un’imposizione di regole, ma 10 parole/consigli/indicazioni, proposti da un Padre che vuole il nostro bene e desidera solo che non andiamo fuori-strada. Tre di essi riguardano il rapporto con Dio e sette quello col prossimo. L’Alleanza diventa "memoriale", cioè celebrazione di vita in cui il passato si fa presente e si apre al futuro.

Interroghiamoci: Il dramma del presente è che sembra non esserci più una ragione grande per vivere e per morire. La decadenza non è il rifiuto ai valori, ma l’indifferenza ai valori… Che fare?

 

4- LA TERRA PROMESSA: non è l’aldilà, ma questa terra, paese fertile dove scorre il latte della tenerezza e il miele della gioia. Il principio guida è la fedeltà all’Alleanza, così che Israele diventi "luce" per le nazioni: "Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza" (Dt 30,9).

Interroghiamoci: Se il passato è passato e per il futuro manca una speranza comune, si è soli, prigionieri del presente frammentato (società del labirinto), prigionieri di calcoli piccini, di bassa lega. "Se non sai da dove vieni, non puoi sapere dove stai andando". Come fare memoria? Come dare "radici" ai nostri figli? Siamo persone di speranza? Sappiamo poi "rendere ragione della speranza che è in noi"?

I PRIMI TRE COMANDAMENTI

 

- Primo: NON AVRAI ALTRI DÈI DI FRONTE A ME (Dt 5,7; Es 20,3).

Il 1° comandamento offre tre formulazioni diverse:

- la formulazione teologica: "Non avrai altri dèi di fronte a me". Jahvè è un Dio "geloso", cioè innamorato del suo popolo.

- la formulazione concreta o "pastorale": "Non ti farai idolo o immagine alcuna…". L’unica immagine possibile è di guardare il volto di un uomo, "immagine e somiglianza" di Dio nel mondo.

- la formulazione di taglio "liturgico": "Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai".

Il primo comandamento è un atto di accusa contro le moderne idolatrie e contro l’indifferenza. Heidegger dice che la vera povertà della notte del mondo non è l’assenza di Dio, ma la mancanza di sofferenza per questa mancanza. Un testo rabbinico afferma: "L’esilio non è la lontananza dalla patria, è l’assenza della nostalgia della patria". Un racconto ebraico narra di un nipotino che corre dal nonno piangendo perché, mentre giocava a nascondino, nessuno l’era andato a cercare. Il nonno risponde: "Anche Dio ama nascondersi ed aspettare. Ciò che è capitato a te, capita a Dio tutti i giorni. Ma anche Lui piange se nessuno lo cerca".

Domandiamoci: siamo convinti che è la fede che salva? Io sono uscito come un numero da una roulette (e allora "sono uno zingaro sperduto e vagabondo su un pianeta indifferente alla mia tragedia") o sono uno che è stato pensato, amato, voluto da Dio. La fede mette tutto l’io (aspetti fisici, psichici, volitivi, affettivi, intellettuali, espressivi) di fronte a tutta la realtà (passato, presente, futuro). Perciò, "nascondere la conoscenza di Dio ad un ragazzo è il più grave reato che un educatore possa commettere" (A. Riboldi).

Siamo convinti che la tragedia dell’attuale società deriva dall’aver posto come realtà ultime le cose penultime? Qual è, oggi, il nostro "vitello d’oro"?

 

- Secondo: NON PRONUNCIARE INVANO IL NOME DI JAHVÈ, TUO DIO (Dt 5,11; Es 20,7).

"Invano": il comando non riguarda la bestemmia ("Se sputi contro il cielo, finisci per sputarti in testa"), ma i giuramenti falsi e l’uso del nome di Dio per scopi magici, vuoti, inutili o, peggio, malvagi.

Pensiamo ai nostri modi di dire in cui compare la parola "Dio": Ah, buon Dio! Aiutati che Dio ti aiuta. Ognuno per sé, il buon Dio per tutti. Per l’amor di Dio! Dio bono! Per Dio!… Grazie a Dio! (Quando ti svegli dici: "Salve Dio: un altro giorno!", oppure: "Un altro giorno: Dio mio!"?)

Il nome nella Bibbia indica l’identità di una persona. "Jahveh" ("Io ci sono/ci sono stato/ci sarò) rimanda a una Presenza alla quale affidarsi.

Il comando è un invito alla conoscenza autentica di Dio. In negativo, a non fargli dire ciò che non ha mai detto, a non cercarlo in modo magico, superstizioso... In positivo, ad approfondire la sua Parola, a contare su di lui fidandoci, a considerare il mondo con i suoi occhi a contare su di lui, a saper ricevere ed essere riconoscenti; a prendere sul serio la preghiera (di lode, adorazione, ringraziamento, ma anche di lamentazione, di confessione delle colpe, di domanda).

Domandiamoci: Quando, come e per cosa pronunciamo il nome di Dio?

 

- Terzo: OSSERVA IL SABATO" (Dt 5,12-15; Es 20,8-11)

Il sabato deve essere "santificato", cioè separato dagli altri giorni. È "Giorno del Signore", in cui fare memoria della creazione. È il giorno di Cristo, in cui ricordare la vittoria della vita sulla morte. È il giorno della Chiesa, in cui mettere al centro l’Eucaristia. È il giorno dell’uomo come tempo di gioia, riposo e carità fraterna.

Interroghiamoci: Quali di questi aspetti è più urgente recuperare, oggi?

Questi primi tre comandamenti sono riassunti nella splendida formula che serve da preghiera giornaliera per ogni pio ebreo: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze" (Dt 6,4-5).