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L’abbraccio riconoscente di don Alexis a Fidenza

Mentre il Venezuela è nel caos: aumenta la protesta della gente che da mesi è priva di cibo e medicine
L'articolo pubblicato su "Il Risveglio" del 16 giugno 2017

Don Alexis Pinha, il sacerdote venezuelano che insieme a don Elieser ha compiuto il servizio ministeriale a Fidenza negli anni scorsi presso la parrocchia di S. Giuseppe, è stato ospite per due settimane della comunità fidentina per illustrare la drammatica situazione che ha visto nel giro di pochi mesi il suo Paese sprofondare nel caos. Ha ringraziato don Felice e i fidentini per la grande solidarietà manifestata anche in questa occasione e prima di ripartire ha presenziato alla cena solidale che si è svolta nel salone della parrocchia il 9 giugno.

Sono già 67 i morti nelle strade del Venezuela da quando, il 1 ° aprile scorso, sono riprese le proteste contro il governo Maduro. La miccia è stata la decisione della Corte Suprema (poi ritirata) di avocare a sé i poteri del Parlamento dove il fronte d'opposizione, Mesa de la Unidad Democratica, dalle elezioni del dicembre 2015 ha la maggioranza di due terzi. Da allora è una escalation di violenza e di arbitrarietà. Arresti senza mandato, giovani "desaparecidos" per giorni, bande paramilitari fuori controllo e molti civili finiti davanti ai tribunali militari in spregio allo stato di diritto. I prigionieri politici, secondo Foro Penal Venezolano, sono 186. Maduro grida al complotto internazionale: eppure i veri protagonisti di questi giorni di protesta e di sangue sono ragazzi di vent'anni o poco più che hanno vissuto quasi tutta la vita con un governo "socialista bolivariano" e ora vogliono libertà di parola. Invece la crisi continua a mordere, l'iperinflazione è all'800%, i supermercati e le farmacie vuoti.

Da Chavez a Maduro
Maduro è riuscito a sperperare ciò che c'era di buono nella "rivoluzione bolivariana" del suo predecessore. Dal 1999 al 2013, anno della sua morte, Hugo Chavez ha cavalcato la retorica antistatunitense e imposto un rigido controllo dell'industria, ma con i proventi del petrolio ha anche ridotto la povertà, combattuto l'analfabetismo, garantito l'accesso alle cure mediche per tutti. Poi è venuto il crollo del prezzo del petrolio (dai 107 dollari del 2014 ai 30 del 2016). La pessima gestione monetaria e industriale, l'inettitudine e la corruzione di chi ha ereditato le leve del potere hanno fatto il resto. E ora la crisi è diventata anche istituzionale: la procuratrice generale, Luisa Ortega Diaz, è tornata a chiedere la fine della repressione e del clima d'odio. Chavista della prima ora, Ortega Diaz denuncia da due mesi la illegittimità di molte decisioni governative, compreso il voto per una nuova Costituente lanciato dal presidente per il 30 luglio.

L'opposizione dà battaglia
Il meccanismo è tale che finirebbe per dare al partito di governo una maggioranza che tutti i sondaggi negano, attribuendogli tra il 25 e il 30%. La leader dell'opposizione, Maria Corina Machado, sostiene che l'unica cosa che tiene Maduro al potere sono le forze armate: "Noi chiediamo ai militari di abbandonare il regime che spara sulla popolazione disarmata e di rispettare la costituzione servendo la nazione. Siamo davanti a una dittatura che è disposta a tutto per restare al potere perché sa di avere commesso reati gravissimi: collusione col narcotraffico, riciclaggio di denaro sporco, collegamenti con gruppi terroristici islamici. Non si tratta di voci, ci sono le prove. Il regime ha consentito ai ranghi più alti dei militari del governo di essere coinvolti personalmente in queste attività. Oggi il Venezuela è il veicolo principale per portare la droga colombiana in Europa e negli Usa. Quanto al terrorismo islamico, il suo nome è Hezbollah. I servizi segreti europei e americani hanno le prove che il regime ha scambiato risorse con questi gruppi per molti anni”.

La posizione della Chiesa
Intanto l’8 giugno scorso i sei presuli della Conferenza episcopale venezuelana sono stati ricevuti in udienza speciale dal Papa. "Il popolo venezuelano sente che ogni giorno perde libertà e la repressione diventa sempre più pesante. A gravare sulla popolazione, poi, la mancanza quasi totale di beni primari come cibo e medicine. È necessario riconoscere la volontà del popolo che chiede alimenti, medicine, elezioni libere". Così monsignor Diego Rafael Padròn Sànchez, vescovo di Cumanà e presidente della Conferenza episcopale venezuelana a conclusione della giornata. "Abbiamo descritto al Papa oggettivamente quella che è la situazione - ha riferito il presidente Diego Padròn ad Avvenire - e nel dialogo con noi ci ha fatto alcune domande. E noi abbiamo ascoltato i suoi consigli". Queste le osservazioni principali che il presidente della Conferenza episcopale ha voluto sottolineare dopo l'incontro: "Papa Francesco ci ha mostrato tutto il suo sostegno e ha detto che noi abbiamo la sua completa fiducia. Non c'è nessuna distanza tra ciò che pensa il Papa è ciò che pensa la Conferenza episcopale. Francesco è molto ben informato sulla situazione del Venezuela ogni giorno. E sta accanto alla sofferenza di tutto il popolo". Per quanto riguarda la situazione politica, il presidente Padròn ha affermato che oggi non c'è la possibilità di negoziato tra governo e opposizione perché per ricominciare una sessione di dialogo bisognerebbe prendere come punto di partenza i quattro aspetti che sono indicati nella lettera del Segretario di Stato Parolin del 2 dicembre 2016: l'apertura di un canale umanitario, il rispetto dell'Assemblea nazionale, la liberazione dei prigionieri politici, il processo elettorale. Per Padròn questa lettera resta la base per un rinnovato dialogo e un nuovo sviluppo. Riguardo all'emergenza umanitaria Papa Francesco ha chiesto di rafforzare il lavoro della Caritas venezuelana. Dal canto loro, la Caritas internazionale e altre istituzioni sono pronte ad intervenire.

Vedi le foto della cena di saluto a don Alexis

"Cari Alexis e Elieser, vi siamo vicini nella preghiera"