Ritiro di quaresima a 2 voci: sacerdote e laici del consiglio pastorale. Le tentazioni di Gesù ci hanno accompagnato nell'annuncio, nel silenzio e nello scambio. Abbiamo sperimentato le tentazioni come occasione di grazia... se toccano una vita che ha scelto di camminare dietro a Gesù. Lo scambio personale e profondo ha fatto respirare una rigenerante aria di fraternità. Grazie Signore. Grazie a voi tutti.

Mc 1, 12-15
“In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.


Come in Avvento, la Giunta del Consiglio Pastorale Parrocchiale propone, di seguito, un suo contributo di riflessione sul brano evangelico della 1° settimana di quaresima.

Il brano è di una estrema semplicità, sono pochi versetti e ci soffermiamo in particolare sui versetti iniziali in cui si dice che Gesù è nel deserto per essere tentato.

Lo Spirito sospinge Gesù fuori, nel deserto. Non è che lo metta in un posto privilegiato, dicendo: adesso che hai il mio Spirito sei protetto da tutto, sei protetto anche dalla realtà, tutto ti andrà bene. No! Lo Spirito lo scaraventa nel deserto. Lo Spirito ci scaraventa nella realtà!
Anche Israele, liberato dall'Egitto, è stato spinto nel deserto in un lungo cammino per arrivare alla terra promessa.

Lo Spirito ci fa sentire la necessità del deserto ovvero di ritornare all’essenziale, al dialogo col Padre e con noi stessi, la necessità di un momento di dialogo e di ascolto profondo, la necessità di abbandonare il rumore dei nostri pensieri, dei nostri affanni e l’attaccamento alle cose quotidiane.
Nel contempo nel deserto si sperimentano la solitudine, i propri demoni interiori, le lusinghe del mondo, si è continuamente tentati.
Il deserto non è una entità avulsa dal mondo per vivere un idillio con noi stessi, per trovare autocompiacimento. Nel deserto troviamo la dura realtà di un cammino pieno di ostacoli e di inciampi.

Sono la preghiera ed il discernimento che ci aiutano a vedere che quello stesso Spirito che ci ha sospinto nel deserto ci dà anche la forza di affrontarlo e di sopportarlo, che ci dà la forza della conversione ed il coraggio di fare delle scelte. Ed è quello stesso Spirito che ci dà la forza di ritentare dopo ogni inciampo.

Quindi è lo Spirito che ci fa affrontare la realtà e ci fa camminare in modo tale che la nostra vita giunga verso una promessa, verso la felicità. Invece di preservarci, deresponsabilizzarci e metterci nell'ovatta, ci fa vivere il deserto.

Marco, alcuni versetti prima, ci ha informato che Gesù era appena andato da Giovanni a farsi battezzare, mettendosi in fila con i peccatori.
E questo mettersi in fila coi peccatori, che è il biglietto da visita di Gesù, del suo stile, della sua scelta, è riconosciuto e approvato dal Padre.
È evidente la scelta di Gesù, di Dio che si fa servo, che sceglie e per questo è subito tentato.
Ci sembra di leggere in questo che la Tentazione è la conseguenza di una scelta fatta dentro un cammino, è segno che, in qualche modo, si sta camminando!
Chi cerca un senso al vivere è tentato: una vita schierata è una vita tentata.
Anche se può apparire contraddittorio ci sembra allora di poter dire che, pur nella fatica e con le difficoltà che comporta, la tentazione è anche benedizione: è occasione per fare delle scelte.
Siamo sicuri che chi vive la vita facendosi delle domande, cercando di camminare, sarà tentato.

Gesù affronta le tentazioni come una prova che tocca qualsiasi uomo, non rifugge da questa esperienza ma accetta di misurarsi con essa. La tentazione non riguarda un “nemico” esterno, ma si dispiega nell’intimo del proprio cuore.
Può essere vissuta come fuga dalla realtà, allucinazione, illusione di onnipotenza, fino alla autodistruzione. Ma è soprattutto una occasione per fare delle scelte.
Infatti Gesù alla fine si ricongiunge alla realtà, all’umano. Questa è la completezza di una esperienza spirituale purificante, fortificante, che parte dalle tentazioni.

Ci piacerebbe interrogarci come Comunità Parrocchiale, in particolare in questo tempo di pandemia, su quali sono le nostre tentazioni più importanti. Un tempo in cui, tra l’altro, appare difficile reagire alle difficoltà, rassegnarci e dire: “non ce la faccio”.
È il momento di “tentare” di darsi la possibilità di una scelta nuova, con fiducia nel nuovo e, in particolare, la fiducia in Dio.
Se guardiamo solo indietro ci blocchiamo. Per questo la forza delle scelte è fare come ha fatto Gesù: guardare il Signore e non se stessi

In sintesi:
- Il “diavolo” tenta sempre chi fa una scelta buona: vuole toglierlo dalla via di Dio e condurlo su quella del male.

- La Tentazione è segno che stiamo seguendo Gesù che ha vinto il male con il bene e ci invita a fare lo stesso.

- Il Vangelo ci libera dalla brama di possedere cose, persone e Dio stesso con la povertà, il servizio e l’umiltà. Questo è il Regno di Dio.

 

Domande:

  • Il male c’è, ma quando diventa tentazione? C’è anche lo Spirito, quando mi induce a sopportare il deserto?
  • Gesù si è messo in fila con i peccatori per farsi battezzare da Giovanni: io in quale fila sono?
  • Cosa vuol dire per me essere tentato?
  • Come mi sento supportato?
  • Vivo la tentazione come un momento di debolezza e di bisogno, o come una occasione di consapevolezza che dà forza?
  • Riconosco la tentazione come pregiudizio che rassicura ma chiude il mio cuore?

Come singoli e come comunità:

  • Che cosa possiamo fare contro le tentazioni, contro il male?
  • Mi fido solo delle mie sicurezze? Ho la tentazione di chiudermi nella mia fatica, nel mio dolore, o so di vivere un’esperienza condivisa e comunitaria?
  • Sento la tentazione di stare nella fila dei “giusti”, cioè quelli che la pensano come me?
  • Abbiamo la tentazione di ridurre il cristianesimo ad una filosofia/regola umana di vita, di buona condotta anziché credere che sia un annuncio di Salvezza?

Spunti di riflessione

Siracide 2, 1-6
1 Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione.
2 Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della seduzione.
3 Stá unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni.
4 Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose,
5 perché con il fuoco si prova l’oro, e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.
6 Affidati a lui ed egli ti aiuterà; segui la via diritta e spera in lui.

Il deserto è necessario. Occorre a ciascuno fare esperienza di quello spazio d’ombra in cui, maledettamente soli, si è chiamati a decidere da che parte stare. Un tempo in cui tutto si riduce all’essenziale, dove non è più dato fuggire, si è messi con le spalle al muro e, rimanendo piantati lì, affondare le radici a terra per cominciare finalmente a crescere.
“Quando vi ritrovate con le spalle al muro, rimanete immobili e mettete radici come gli alberi, affinché da una fonte più profonda non arriva la chiarezza che vi permette di vedere oltre quel muro” (Carl Gustav Jung).
Il deserto è l’altro nome della crisi. Questo termine ha un etimo interessante: passare al vaglio perché alla fine rimanga solo ciò che conta.
«Nella vita ho raggiunto la certezza che le catastrofi servono a evitarci il peggio. E il peggio è proprio aver trascorso la vita senza naufragi, è essere sempre rimasti alla superficie delle cose. Non essere mai stato scaraventato in un’altra dimensione. L’autunno, spogliando i rami, lascia vedere il cielo».(Christiane Singer)
Solo perché impariamo a stare con le nostre ‘bestie selvatiche’, quelle interiori, possiamo sperimentare angeli che ci servono. Solo dando un nome, abbracciando, addomesticando – senza il bisogno di uccidere – i nostri mostri interiori, possiamo fare esperienza di cielo.
«Se i miei demoni mi lasciano, temo che anche i miei angeli se ne andranno» (Rainer Maria Rilke).
Dentro un uragano esiste un punto di pace, di quiete, in cui niente si muove. Bisogna non fuggire, avere il coraggio di restare lì, resistere e trovare quel punto. Perché se lo si trova la vita si rovescia, e quella situazione nella quale sentivamo di perderci, in realtà ci permetterà di ritrovarci, ma in un luogo diverso, con un punto di vista nuovo.
Il deserto, la crisi, una vita interiore adulta, non contribuirà a cambiare il mondo in cui ci si trova, ma trasformerà noi, i nostri occhi e il nostro cuore per vedere e percepire quel mondo in maniera diversa. Abitabile e possibile.
Don Paolo Scquizzato

PREGHIERE
Tu non mi tratti da bambino, Signore.
Hai fiducia in me, nelle mie risorse e nel mio impegno.
Per questo chiedi la mia collaborazione. Per questo mi domandi di affrontare anche situazioni difficili, rischiose, pur di portare salvezza, giustizia e pace.
La tua Parola, talvolta, è una Parola esigente, che fa andare incontro alle bufere e alle tempeste, nel mare aperto della storia.
Parola che chiama a sacrificare la propria tranquillità e il proprio benessere, talora addirittura la propria incolumità in nome di qualcosa che ne vale veramente la pena. Non è facile accettare questa Parola se si ama la vita comoda. Non è facile vivere questa Parola se si ha paura dei conflitti, delle situazioni difficili.
Ma anche la tua Parola più esigente è fatta per portare la gioia di un'esistenza spesa per il tuo progetto di amore.
Non è difficile da intendere, la tua Parola. il difficile è accoglierla; farle spazio nella propria vita. Il difficile è prenderla sul serio: realizzarla con impegno.
Il difficile è viverla:senza piegarla ai miei interessi, senza addomesticarla.
Il difficile è affrontare tutti i sacrifici necessari pur di realizzarla, pur di far nascere il nuovo che tu ci annunci.
Tu sai, mio Dio, che le nostre vie sono disseminate di prove che mettono continuamente a repentaglio la nostra fedeltà alla tua Parola, la fiducia che abbiamo riposto in te, l'amore che ti abbiamo dichiarato.
Tu conosci le molte vicende che mettono a nudo le nostre paure inconfessate, le nostre fragilità nascoste, le cattiverie che avremmo voglia di ignorare.
Ma tu rimani accanto a noi: non per sottrarci alla fatica ma per sostenere la nostra volontà, non per esonerarci dal sacrificio ma per indicarci quanto sia bella una vita vissuta all'insegna dell'amore per te e per i fratelli.
E' così che tu ci sostieni con la delicatezza e la discrezione di un Padre che ama i suoi figli e vuole vederli camminare sicuri, sulla via della vita. Non è facile, mio Dio, accettare la tua Parola quando essa si rivela più affilata di una spada e raggiunge le profondità del cuore, quelle zone oscure che noi stessi vorremmo ignorare.
Non è facile, mio Dio, lasciarsi correggere da te quando la tua Parola porta alla luce il male che è in noi. Eppure essa rimane una Parola d'amore perché tu sei in ogni caso il nostro unico bene.

 

Fatica e sapienza del silenzio

«C'è chi tace ed è ritenuto sapiente, c'è chi chiacchera ed è odiato. C'è chi tace perché non sa che cosa rispondere, e c'è chi tace perché conosce il momento propizio» (Sir 20,5-6).
È dal silenzio di una umanità smarrita e senza possibilità di salvezza, dal silenzio di una storia il cui senso sembrava fortemente compromesso, che Dio ha fatto udire la sua Parola definitiva in Gesù di Nazareth, il Figlio amato, del quale ha detto, dal monte della trasfigurazione: «Ascoltatelo!».
Abbiamo dimenticato troppo in fretta la parola del Salmo 64,2: «Per te, o Dio, anche il silenzio è una lode»? È lo stesso silenzio della Parola che Abramo, nostro padre nella fede, ha saputo ascoltare e per la quale ha intrapreso un cammino verso una terra che il Signore gli indicava. Èil silenzio nel quale Mosè, alla presenza di Dio sul Sinai, accoglie le Dieci parole brucianti scritte su tavole di pietra con scrittura di Dio; erano parole che orientavano Israele su strade di libertà. Èil silenzio di Elia, fiamma ardente del Signore, che entra nella sua desolazione e nel suo desiderio di morte, conducendolo ad incontrarlo sull'Horeb nella forma di un "silenzio sottile", che lo rimette in cammino. Èil silenzio orante di tanti cantori dei Salmi, che danno voce a quanto sta nell'intimità del cuore di tutti quelli che cercano Dio in mezzo alle prove e alle contraddizioni della vita. Èil silenzio di Maria, la Madre del Signore, che fa posto nella sua vita alla Parola, che la raggiunge e pr,ende corpo in Gesù il Figlio di Dio. Èil silenzio di Giuseppe, uomo giusto, che rinuncia a progetti suoi affinché sia il Signore a tessere la trama della sua storia di salvezza per l'umanità tutta. È il silenzio del Padre che Gesù di Nazareth, il Figlio amato, sperimenta al Getsemani e nella tenebra della croce. È in quella croce al Golgota che vengono riassunti tutti i nostri silenzi, i nostri dubbi e le nostre contestazioni, che chiedono a Dio di rendere conto di quanto accade agli umani: «Non stare in silenzio, mio Dio, perché se tu non mi parli è come se scendessi nella tomba» (Sai 28,1). Eppure, quel silenzio è stato attraversato nella notte di Gesù di Nazareth dalla Parola viva ed efficace del mistero della Pasqua di risurrezione. Il silenzio del Crocifisso è autentica scuola che ci fa conoscere la profondità dell'amore di Dio nella vita donata nel Figlio.
Questo silenzio, abitato dalla luce della Pasqua, diviene nella comunità ecclesiale degli inizi annuncio, senza esitare, della speranza, nel cui nome a tutti è dato di trovare salvezza definitiva.
La riflessione di Soeren Kierkegaard sla monito per noi tutti a ritornare con umiltà alla sapienza del silenzio:
«Non permettere che dimentichiamo: tu parli anche quando taci. Diamoci questa fiducia: quando siamo in attesa della tua venuta tu taci per amore e per amore parli. Così è nel silenzio, così è nella parola [...]. Tu ci guidi con la tua voce, ci elevi con il tuo silenzio».
+ Ovidio Vezzoli