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1 LETTERA DI SAN PAOLO AI CORINTI cap. 11

[20] Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. [21] Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. [22] Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo! [23] Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane [24] e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me". [25] Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me". [26] Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. [27] Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. [28] Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; [29] perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

COMMENTO

  1. La vita precede l’Eucarestia, la prepara e le riconosce un significato. Divisioni e sperequazioni non sono una buona premessa, perché in contrasto con lo Spirito della celebrazione che dovrebbe essere l’aiuto e il sostegno per migliorarsi sempre più e non suggello ad uno stato di fatto. Come quando mangio, poi tutto il giorno vivo di quel che mangio; così vivo dell’eucarestia, vivo del pane che mangio, vivo di Cristo, se no mento.
  2. Quello che ho ricevuto l’ho trasmesso a voi. Non altro. Il dono ricevuto diventa donato. C’è una circolarità della gratuità che non è sempre uguale ma ci eleva, in un continuo tendere alla comunione piena. . io ricevo e trasmetto. I valori, sono quelli che si ricevono e se valgono si trasmettono. Le cose che s’inventano non sono valori, ma possono essere utili. Le cose fondamentali è bene riceverle e trasmetterle. La vita per esempio non la fai, la ricevi. I valori non li facciamo, al massimo li scopriamo e li viviamo; li riceviamo nell’educazione e nella formazione. Quindi è importantissimo “ricevere” tutto ciò che sono …. dalla vita, alla cultura, alla spiritualità, alle relazioni…è tutto dono. E ciò che ricevo a mia volta dono, trasmetto e questo è il flusso della vita ricevere e dare. Ed è il senso dell’eucarestia. Una vita che non è ricevuta non è vita. Una vita che non è trasmessa, non è vita, è morte.
  3.  Prese il pane. Gesù prende come tutti noi prendiamo, perché noi non abbiamo la vita, la riceviamo, quindi la prendiamo. Però ci sono due modi di prendere: c’è il modo di Adamo che rapì il dono, non volle considerarsi figlio, volle diventare come Dio e rapire il dono. C’è invece, il Figlio che prende, non come furto, ma come dono. Ciò che ricevi come dono cosa fa? Ti mette in comunione con chi dona, quindi ti mette in comunione con il Padre. Così tutto ciò che ho, se lo prendo come dono, diventa amore del Padre e vivo nel dono l’amore del Padre.
  4. Rendere grazie. E Gesù prende il pane e il pane è il simbolo di tutta la vita,
    l’alimento è la vita. Tutto ciò che è e ha, è dono. E lui lo prende rendendo grazie: questo è importante. Perché si può prendere senza rendere grazie dicendo: è mio, cioè rubando. Se dico è mio, mi divido dal Padre e mi divido dai fratelli. Se rendo grazie al Padre perché è dono suo, mi unisco al Padre, poi mi unirò ai fratelli perché è il dono del Padre per i figli. Quindi vivere tutto con rendimento di grazie….non è il semplice ringraziare Dio per qualcosa di specifico che ci ha fatto bene, ma è l’atteggiamento dell’uomo di fede che davanti al Mistero, ringrazia a prescindere da come vanno le cose dal punto di vista personale. Gesù è alla vigilia della sua Passione, il tradimento di Giuda è già stato consumato, eppure rende grazie. Rendere grazie è guardare alla vita nella sua complessità con animo grato. E’ uno sguardo alto. E’ godere della paternità di Dio, della fraternità che ci dona, del Regno da costruire. 
  5. Lo spezzò….Il pane spezzato è condiviso, non è più il mio ma il nostro. Un gesto, quello dello spezzare che richiama uno stile di vita dove l’altro è un fratello in cammino con me. E non ci basta una sola eucarestia per assumere questo atteggiamento. Occorre una vita intera affinchè la condivisione eucaristica diventi condivisione di vita. Quando spesso la vita è spezzata o schiacciata da ogni forma di ingiustizia e violenza, solo nella condivisione diventa nuova possibilità, nuovo inizio, speranza per un futuro diverso. La misura dello stare insieme è l’amore fraterno. Se si sta insieme accettandosi sempre di più e crescendo nell’unione e nella condivisione è per il bene; se si sta insieme semplicemente per fare una bella liturgia e poi, tutto rimane come prima e si litiga meglio di prima, o si approfondiscono le ingiustizie le divisioni si sta insieme per il peggio. Cioè, il celebrare insieme maschera il male invece di toglierlo ..e il male mascherato è peggiore del male.

DAL CONSIGLIO PASTORALE


Il senso dell’Eucaristia è che Gesù si dona senza alcuna pretesa in cambio: si dona a chi lo tradisce, a chi lo rinnega: perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati.

E di fronte a questo dono, che non chiede nulla in cambio ma che è puro amore, ci interpella lo scandalo dei discepoli perché Gesù dà la sua carne e il suo sangue, cioè dà la sua vita. Loro si aspettavano che, avendo sfamato cinquemila persone, tutto andasse bene e si cominciasse quel regno di Dio che tutti sempre promettono: mangerete tutti a sazietà, tutti starete bene, ecc..

Gesù invece dice che occorre imparare a condividere il pane, a porre la vita a servizio degli altri, a diventare come il pane che si mette nelle mani degli altri. Perché Dio non è uno che ha in mano tutto e tutti, ma è Uno che si mette nelle mani di tutti, a servizio di tutti.

Si capisce, allora, lo scandalo che subiscono i discepoli è inevitabile, perché noi abbiamo un’immagine di Dio che è il  Dio “onnipotente”.

Il pane, invece, ci presenta un Dio che si fa pane; che si mette a servizio della vita; che si fa mangiare per diventare nostra vita; che non domina nessuno, ma serve tutti; che scompare, perché il pane scompare.

Quindi c’è una concezione di Dio che è amore, che non è potere, non è dominio, non è sopraffazione, non è violenza; un Dio che è dono, perdono, umiltà e servizio.

E l’uomo vero, a immagine di Dio è questo; e mangiare questo pane vuol dire esattamente vivere come Cristo, come Dio.

 

PER LA RIFLESSIONE

San Giovanni Crisostomo  ci dice: "Vuoi onorare il Corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempio con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità". Colui che ha detto: "Questo è il mio corpo", è il medesimo che ha detto: "Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me"... A che serve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d'oro, quando Lui muore di fame? Comincia a saziare Lui affamato, poi con quello che resterà potrai ornare anche l'altare".

Una sposa che tutti i giorni, per marito e figli, prepara al mattino la colazione; rifà i letti, pulisce la casa; prepara il pranzo poi lava i piatti, lava i vestiti e poi li stira; prepara la cena. Ieri, oggi, domani. E tutto questo solo per amore e tanto spesso senza riconoscenza, senza gratificazione. Con gioia spesso, ma spesso con fatica, stanchezza, con la tentazione di dire “adesso basta”, fino al punto di rottura.

Gesù tutti i giorni, più volte al giorno, in tutto il mondo; un solo giorno di ferie, il venerdì santo, si offre sull'altare per tutti i noi in corpo e sangue. Anche se il sacerdote è stanco, in crisi di fede, distratto dalla quotidianità dei gesti. Anche se il popolo per cui si offre rifiuta di partecipare alla cena, se quando c'è non mangia il suo corpo, se quando lo fa è spesso distratto, non si rende conto della grandezza del gesto; non ringrazia ma chiede soltanto.

Se in Gesù c'è stanchezza, c'è delusione, non lo da a vedere, continua a esserci, continua a morire e a offrire il suo sangue e la sua carne. Gesù è fedele, fedele per sempre.

L'eucarestia è sacramento della fedeltà del Signore, sacramento da cui possiamo attingere per sostenere la nostra fedeltà nella famiglia, nel lavoro, nella comunità parrocchiale, nella Chiesa, nella società.

 

DOMANDE

  • Quando hai fatto esperienza di una vita “spezzata” che ha favorito la condivisione?
  • In comunità cosa può significare “spezzarsi”? Hai qualche proposta per favorire la condivisione?
  • In famiglia, quando o come ti ”spezzi”? In modo gratuito o c’è sempre l’attesa di un ritorno; di essere in qualche modo ripagato, corrisposto? 

 

PREGHIERA

Ma Tu stai alla mia porta

Se io, Signore, tendo l'orecchio

e imparo a discernere i segni dei tempi,

distintamente odo i segnali

della tua rassicurante presenza alla mia porta.

E quando ti apro e ti accolgo come ospite gradito nella mia casa,

il tempo che passiamo insieme mi rinfranca.

Alla tua Mensa divido con te

il pane della tenerezza e della forza,

il vino della letizia e del sacrificio,

la parola della sapienza e della promessa,

la preghiera del ringraziamento

e dell'abbandono nelle mani del Padre.

e ritorno alla fatica del vivere

con indistruttibile pace.

Il tempo che è passato con te,

sia che mangiamo sia che beviamo,

è sottratto alla morte.

Adesso, anche se è lei a bussare,

io so che sarai Tu ad entrare:

il tempo della morte è finito.

Abbiamo tutto il tempo che vogliamo

per esplorare, danzando,

le iridescenti tracce della Sapienza dei mondi, e infiniti sguardi d'intesa

per assaporarne la Bellezza.

(Card. Carlo Maria Martini)