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Visita a Fidenza della congregazione religiosa Indian Missionary Society
In India i cristiani con il 5,84% sono solo una minoranza ma levano la loro voce contro i nazionalisti di Modi che vorrebbero limitare la libertà religiosa e i diritti dei Dalit

Articolo pubblicato su "Il Risveglio" del 18/05/2018

Quando arrivava la primavera la sagoma inconfondibile di Padre Matteo si stagliava lungo il viale alberato che conduce alla parrocchia di S. Giuseppe Lavoratore. E i "Fratelli dell'India" (l'associazione di volontariato che ormai da 20 anni sostiene progetti scolastici, sanitari, abitativi e sociali a favore del grande Paese asiatico) gli correvano incontro per abbracciarlo. Poi gli incontri con don Felice e la comunità parrocchiale, la celebrazione della s. Messa, la testimonianza ai ragazzi del catechismo, le sedute di yoga a Siccomonte. Stiamo parlando di Ishwar Prasad, al secolo padre Matteo, che se ne è andato due anni fa all'età di 88 anni.

Una delegazione dei "Fratelli dell'India" ha pregato sulla sua tomba qualche tempo fa per onorarne la memoria, come quella del nipote, p. Avinash, anche lui scomparso a seguito di un incidente in moto. Entrambi appartenevano all'Indian Missionary Society, la congregazione religiosa cattolica fondata nel 1941 e attualmente legata a Fidenza per tre progetti: 1) Dhampur (dove sono sorti un centro sociale e la scuola elementare); 2) Panipat (la "Città Celeste" eretta in memoria di don Celeste Castellani dove sono ospitati malati gravi, soprattutto ex lebbrosi, che a causa della loro condizione di povertà non potrebbero sostenersi da soli); 3) Kurukshetra (dove p. Matteo viveva nel suo "Ashram" e si prendeva cura soprattutto di portatori di handicap psichici).

Proprio nei giorni scorsi nella nostra città ha avuto luogo l'incontro con un rappresentante dell'Indian Missionary Society dove sono stati forniti ampi e preziosi ragguagli sull'attuale situazione in India. Nelle vicende travagliate che hanno sempre caratterizzato la storia di questo Paese - a partire dalla divisione nel 1947 in due entità geografiche: l'Unione Indiana da una parte, a maggioranza induista, il Pakistan dall'altra, a maggioranza musulmana da cui si sarebbe staccata nel 1971 la provincia orientale con conseguente formazione del Bangladesh - la vittoria alle ultime elezioni dei nazionalisti del Bharatiya Janata Party (Bjp), guidati dal premier Narendra Modi, ha rappresentato una svolta (in senso negativo) rispetto allo spirito di tolleranza cui l'India ci aveva abituati nel corso degli anni.

Il pretesto per un "giro di vite" nei confronti delle minoranze religiose (non solo i cristiani, ma anche i musulmani e i sikh) sarebbero le presunte "conversioni forzate o incentivate" che dietro il presunto proselitismo minaccerebbero l'identità nazionale e la pace sociale. Ben 7 Stati su 26 hanno dunque introdotto nei loro ordinamenti la "legge anti-conversioni" erigendosi a campioni dell'induismo e comminando pene da uno a cinque anni di carcere ai trasgressori. La risposta dei cristiani non si è fatta attendere. In una dichiarazione rilasciata all'agenzia Fides l'attivista cattolico John Dayal ha ribadito quanto segue: "Non ci sono né ci sono state conversioni forzate o fraudolente. In realtà, anche a livello legislativo, si vogliono limitare i diritti e la libertà religiosa nei confronti di coloro che appartengono alle comunità minoritarie, e in particolare dei paria o "dalit".

I dalit (ovvero gli esclusi e i "fuori casta") sono in maggioranza cristiani e hanno raggiunto quota 200 milioni. Uniti nella protesta con blocchi stradali e ferroviari, hanno fatto capire che non sono più disposti a subire angherie e soprusi. In vista delle elezioni del nuovo Parlamento previste nel maggio 2019 Modi e il suo partito ci tengono a presentarsi come tutori dell'ordine e della sicurezza. In realtà il loro intento è quello di cambiare la Costituzione e di emarginare sempre di più le minoranze. Ma le cose stanno cambiando. Dopo i ripetuti casi di stupro e di omicidio nei confronti di bambine indifese, l'ondata di protesta diffusa in tutto il Paese ha costretto il governo attuale a introdurre la pena di morte nei confronti di chi commette violenze sessuali su minorenni al di sotto dei 12 anni (prima la pena massima era l'ergastolo). Non solo. L'ergastolo all'anziano guru Asaram Bapu per molestie su una sedicenne obbligata a più di un rapporto sessuale con la scusa di un esorcismo si aggiunge alla condanna di altri guru che finora avevano fatto leva sulla paura delle vittime e sull'omertà dei seguaci per fare i loro comodi. La religione come specchietto per le allodole: altro che difesa della "purezza" della tradizione induista! Il sistema delle caste ha mostrato in questa circostanza il suo vero volto: ma l'opinione pubblica si mobilita e le donne levano sempre più alta la loro voce.
M.F.

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