Il cammino auto-educativo di Mosè
L'incontro di domenica 13/01/2008
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Il cammino auto-educativo di Mosè
Il roveto ardente (Es 3,1-12)
Mosè si era talmente identificato con i suoi fratelli ebrei che, adirato di fronte alla violenza di una guardia egiziana, l’aveva uccisa. Lo zelo per il suo popolo, così, lo aveva costretto all’esilio. Prima era il Principe d’Egitto, ora un pecoraio! Il figlio “Gherson” (cioè straniero, figlio del deserto) è il riflesso della sua alienazione.
Proprio allora, il Signore si rivela nel roveto, pianta arida, secca e piena di spine. Dio trasforma proprio ciò che è arido, ignorato e disprezzato nel luogo della sua presenza. Spesso Dio si rivela proprio nella crisi. Quel roveto che brucia ma non si consuma, dona occhi nuovi, gli occhi della fede. Dio vuole risplendere proprio attraverso le nostre ferite.
«Mosè, Mosé! Togliti i sandali, questa è terra sacra». C’è qualcuno che conosce il suo nome...Terra sacra, quella? Ma non siamo nel deserto arido e vuoto? Se ci osserviamo con gli occhi della fede tutto cambia e il luogo in cui ci troviamo diventa terra santa. I piedi e i sandali nella psicologia del profondo indicano spesso i “genitali maschili e femminili”. Dio chiede a Mosè di denudarsi: Dio ci ama come siamo (il fuoco che arde e non si consuma è simbolo del suo amore perenne); davanti a Lui possiamo essere come siamo, proprio nella nostra nudità.
Dio lo manda dai suoi fratelli. Non è ciò che Mosè desiderava di più? Però lui ha paura, cerca scuse («Ma chi sono io?… Mi diranno:”Chi ti manda?… Non mi crederanno!… Non sono capace di parlare!… Manda chi vuoi -cioè un altro-». Ad ogni difficoltà, Dio risponde dando dei doni (rivela il suo nome, dà il dono dei segni, promette una bocca nuova, gli dona Aronne)… Ora Mosè è in trappola. Può accompagnare altri nei loro primi passi verso la libertà: il compito più bello (e più difficile) che esiste al mondo!
Domanda: Qual è la tua maggiore inquietudine riguardo i figli… il lavoro… la tua città… la parrocchia (la Chiesa)…
Se rivedi la tua vita come in un flash-back, in quali momenti hai sentito il Signore più presente?
Le piaghe d’Egitto (Es 7,1-11.10).
La Bibbia nelle piaghe d’Egitto ci rivela come un uomo possa trasformarsi in malvagio e malato.
Possono stare a significare l’indurimento del cuore, che trasforma tutto ciò che è vivo in morto, ciò che è fecondo in sterile, ciò che è bello in mostruoso.
- La prima piaga è la trasformazione dell’acqua in sangue. L’acqua, che dona vita, diventa sorgente di morte. Una vita pervertita conduce alla morte e diffonde morte intorno a sé.
- L’invasione delle rane può essere il simbolo della sessualità che improvvisamente sovrasta tutta la vita.
- Le zanzare che si posano su uomini e bestie e li molestano, possono essere immagini di rimorsi o dei sensi di colpa che ci tormentano; oppure, i rimproveri del Super-io che grava su di noi.
- I mosconi, che entrano in tutte le case d’Egitto, indicano la corruzione dei pensieri e dei sentimenti. Alcune emozioni (fantasie perverse, rabbia, tristi sensazioni), sfuggiteci di mano, si infiltrano in tutte le fessure del nostro essere.
- L’epidemia che si abbatte sul bestiame indica la sfera istintiva che si ammala. Perdiamo il sano rapporto con i nostri istinti e col nostro corpo.
- Mosè getta in alto la fuliggine, la quale provoca ulcere e vesciche pustolose. Le piaghe si aprono. Le violenze e le offese subite nell’infanzia si palesano e ci distolgono dalla vita. Non ci sentiamo più a nostro agio nella nostra pelle. L’amore non diffonde più calore, ma invece, strappa la pelle e diventa un’ulcera dolorante.
- Poi arrivano tuoni, fulmini e grandine. Sono le aggressioni represse che scatenano una tempesta che distrugge tutto.
- Le cavallette che distruggono ogni cosa che è rimasta in vita e infestano le case, possono essere invece simbolo delle aggressioni interiorizzate (depressione…).
- I primogeniti, infine, rappresentano la propria fecondità Quando viene ucciso il primogenito, o si sprofonda nella tristezza, o si deve lasciar partire il popolo. A questo punto occorre riconoscere che non si ha alcun potere sulla propria vita. Se invece non ci lasciamo trasformare da Dio, avviene in noi una trasformazione in peggio, e tutte le forze della nostra anima si rivoltano contro noi stessi.
La Bibbia, mostrandoci la possibilità di trasformazione negativa, ci invita a percorrere il cammino di trasformazione che Dio ci ha riservato. La fede può trasformare l’acqua stagnante in un guado asciutto. È la trasformazione che ci porta nel Paese dove scorre latte e miele, ci conduce alla libertà e alla realizzazione piena di noi stessi.
Domanda: quali di queste “piaghe” vedi più presenti nell’uomo moderno. Quali nella tua vita?
Mosè educa il suo popolo
Dall’Egitto esce una massa di schiavi. Nella Terra Promessa entra un popolo. Mosè, con l’aiuto di Jawhè, ha educato la crescita della sua gente attraverso una serie di “servizi”:
a) Il servizio dell’acqua e del pane (Es 16). Mosè non avrebbe mai immaginato di dover diventare un economo, invece deve proprio iniziare da questo tipo di problemi. Ha dovuto imparare a fare un po’ di tutto. Fatto tutto il possibile, si affida al Signore. Riesce così non solo a far sopravvivere la sua gente, ma anche a darle cose buone: la manna e la carne. In questo modo il popolo smette di rimpiangere le cipolle d’Egitto e si educa all’essenzialità e alla fiducia in Dio (la manna basta per un giorno, poi imputridisce).
b) Il servizio della parola consolatrice (Es 14,13). Il cammino per diventare persone libere è duro e difficile. C’è chi si stanca, chi tenta di tornare indietro, chi non ha più entusiasmo… Mosè è sempre vicino al suo popolo, incoraggiandolo continuamente: «Non abbiate paura». Mosè risolve immediati problemi pratici e dà speranza additando la Terra Promessa.
c) Il servizio della correzione. Mosè è un educatore “energico”. Non molle o condiscendente, non rassegnato o fatalista, ma impegnato, deciso, capace anche di rimproverare. Nell’Apocalisse, davanti alla tiepidezza della comunità di Laodicea, viene fatto un solenne rimprovero: «Io tutti quelli che amo li rimprovero… Mostrati dunque zelante» (Ap 3,19). La radice da cui nasce il rimprovero è l’amore. Educare non vuol dire approvare sempre, accontentare sempre. Anzi, l’autentico cammino educativo è spesso conflittuale, a volte con rotture… Il fine però non è lo scontro fine a se stesso, ma il fare un salto di qualità. Mosè arriva a spezzare le tavole della Legge (poi le rifà). Riesce così a far sgorgare acqua buona dalla roccia (dalla durezza dei cuori).
d) Il servizio della preghiera e dell’intercessione. Mosè è colui che parla con Dio “faccia a faccia”. Quando scende dal monte il suo volto è radioso. Riesce così a far stipulare al suo popolo un “patto di sangue” con Jawhè. Dio si impegna a camminare con il popolo (la nube), il popolo si impegna ad obbedire a Dio (Le Tavole della Legge).
Mosè poi intercede per la sua gente (=mettersi in mezzo, fare un passo verso qualcuno), coinvolgendosi di persona:
- Es 17,11 ss.: alza le mani e la sua gente vince i nemici;
- Es, 32,31: osa molto: «Perdona i loro sbagli, Signore, altrimenti non ritenermi più tuo amico!».
- Es 17,4: quando non ce la fa più, dopo aver fatto del suo meglio, si affida completamente a Dio: il Signore lo aiuta!
Il processo educativo di Mosè, alla fine, si rivela:
- personale e comunitario
- graduale e progressivo
- progettuale e liberante
- realizzato con l’aiuto di molteplici collaboratori (Aronne, i giudici, Giosuè…)
Domanda: quali di questi “servizi” manca di più nella famiglia di oggi? Quale nella tua famiglia?