“Una comunità parrocchiale edificata sotto la spinta del Concilio”

mons. Mazza in San GiuseppeRingrazio il vostro parroco don Felice per l’invito a presiedere questa Eucaristia dedicata al Patrono San Giuseppe Lavoratore e lieta memoria del 50° di fondazione della vostra parrocchia. E’ bello condividere la gioia per questa solenne ricorrenza e gustare la benevolenza di Dio che qui si effonde e riempie di riconoscenza.

Ricordare la fondazione di una chiesa è ripercorrere la storia cristiana di un popolo che ha accolto la sfida della fede di edificare la casa di Dio, sia pure nella precarietà di una condizione disagevole propria delle origini, dove mancava ogni certezza. Tutto appariva provvisorio e solo la forza della speranza ha prevalso su ogni altra considerazione, nella solida convinzione che la carità alla fine avrebbe fecondato ogni desiderio.

In realtà una fondazione di parrocchia compendia tanti pensieri, tanti interrogativi, tanti progetti, tante attese. Ma su tutto emerge la cura instancabile di un Vescovo che, interpretando la voce del popolo e dei suoi sacerdoti, ha inteso porre un segno cristiano in mezzo ad un quartiere nascente, tra immense difficoltà, con l’assillo della casa, della famiglia, dei figli, del lavoro. Il Vescovo e i suoi sacerdoti hanno visto bene, e con uno spirito lungimirante hanno saputo affrontare la situazione con coraggio.

C’è bisogno di una Chiesa

Era importante una chiesa? Per rispondere occorre collocarsi con la memoria a quegli anni così carichi di passioni, di contraddizioni, di conflittualità sociali, di sete di giustizia. I tempi sono sempre testimoni di attese e di sfide, sono portatori di aneliti e di speranze, sono generatori di legami e di amicizie, sono aperti al futuro più giusto e più solidale. Oggi come allora i tempi rivelano la tensione di una società in evoluzione.
Nel suo stare nella storia, la Chiesa cerca di corrispondere alle istanze più diffuse nel cuore della gente. Qui iniziava una vita. Il popolo che andava qui acquartierandosi, era disperso e ansioso di costituirsi come “comunità”, di avere un riferimento di certezza, di riunirsi e sentirsi qualcuno. In tale condizione c’era bisogno di una chiesa, un ambiente di sicura convivialità.
Si sa infatti che la Chiesa ha sempre rappresentato la casa di tutti, senza discriminazioni, senza privilegi, senza contrapposizione ideologica. Nella Chiesa tutti si sentono a loro agio, se non fratelli almeno uguali. E tutti avvertono di essere accolti da una ragione di fraternità e non da motivazioni diverse.

Con la Chiesa inizia una storia

Così è iniziata la storia di una comunità alla ricerca di se stessa. In realtà era tutta da farsi, da radunare, da costituire su solide fondamenta e non per nulla questo quartiere è stato denominato “Corea”. Potremmo dire, per parafrasare un celebre romanzo storico, che “Cristo si è fermato...in Corea”. Quel nomignolo era stato scelto per associazione di memoria con la Corea asiatica allora sul punto di essere divisa in due e molto disorientata e disastrata dalla guerra interna.

In realtà gli uomini e le donne del quartiere hanno fatto una “tenda” per Gesù, l’hanno accolto, l’hanno posto a presidio delle case, degli affetti, delle famiglie, dei ragazzi... senza differenza e senza pretesa. Questa storia popolare ha il nome di un’avventura cristiana che ha il sapore dell’entusiasmo primordiale e quasi iniziatico, proprio di una “fondazione”.

A ben vedere i 50° anni di vita della parrocchia rivelano una fiducia mai dismessa, una perseveranza mai sciolta, un attaccamento mai smentito. Ciò dimostra una presenza provvidenziale che ha sostenuto il cammino di questo popolo. Qui Dio non ha mai abbandonato la sua postazione di guida. Dio si è mostrato “ricco di misericordia” e ha compiuto le sue “gesta” di amore accompagnando ogni sforzo di giustizia e di solidarietà, ma soprattutto illuminando le menti e i cuori con l’abbondanza della sua Parola e dei suoi Sacramenti.

Allora val bene a questo punto fare l’elogio di un Dio amore, ma altresì tessere l’elogio di un popolo fedele che ha saputo costruire sì la casa di mattoni e cemento, ma soprattutto un luogo di preghiera e di consolazione, di incontro e di serena convivenza. Così la Chiesa, edificata con il sacrificio di una moltitudine, è diventata testimone di una storia gloriosa.

Una Chiesa di popolo nel nome di Giuseppe

“Giuseppe, da Nazaret...alla Corea” così suonava il titolo del ragguardevole e significativo “recital” sulla storia della parrocchia andato in scena mercoledì 29 aprile. Di qui si evince davvero un’epopea sull’onda di un santo umile, nascosto, falegname, di nome Giuseppe. Come accade quando la Chiesa è “chiesa di popolo”, dal momento che il popolo è il vero protagonista della “missio”, del vangelo vissuto, il santo patrono si è adeguato ad essere il corifeo.

Anche alla luce di un santo patrono “laico”, qui è cresciuta una Comunità cristiana in uno stile di corresponsabilità tra preti e laici, lasciando via libera allo Spirito Santo. Come è ben visibile dalle opere, si tratta di una Comunità parrocchiale edificata sotto la spinta conciliare, animata da vero entusiasmo solidale e missionario, guidata da persone volontarie di valore che hanno profuso il meglio di sé e hanno segnato uno “stile” esemplare del come essere protagonisti nella Chiesa, allargando partecipazione popolare e consapevolezza dei diversi carismi e ministeri.

Nel 50°, San Giuseppe è ritornato protagonista con la sua statura di “uomo giusto e santo”, esaltandone le sue caratteristiche evangeliche, proprio lui che fu il primo “evangelizzato” attraverso i “sogni” nei quali Dio gli ha parlato e ai quali è stato “obbedientissimo”. Il “ritorno” di San Giuseppe nella sua festa patronale indica una nuova visione del modo di sentire il Santo e di “coinvolgerlo” nella vita comunitaria.
Si tratta certo di ricentrare il senso di appartenenza alla Chiesa nella sua missione di evangelizzazione dei poveri, dei bisognosi di ogni consolazione, di tutti coloro che credono nella potenza propria del vangelo, dove la fede si somma con la carità e si fa forte con la speranza, in uno spazio spirituale incentrato sul modello della Famiglia di Nazaret.

Ringraziamenti

Mi piace ricordare il 50° anche con alcuni ringraziamenti. Ringrazio anzitutto i miei predecessori Vescovi: Mons. Mario Zanchin, Mons. Carlo Poggi, Mons. Maurizio Galli, strenui sostenitori della “plantatio” e della “aedificatio” di questa comunità di fede e di amore. Ringrazio sacerdoti, catechisti, animatori, estimatori, benefattori che si sono succeduti nel servizio e nella testimonianza. Ringrazio il popolo di Dio che anima questo quartiere e che è stato il vero propulsore della parrocchia.E ringrazio infine il grande e inimitabile don Felice che è stato ed è il vero “formulatore” di questa comunità di San Giuseppe Lavoratore. A lui la mia vivissima riconoscenza, la mia profonda stima e il mio personale affetto.

+Carlo, Vescovo

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